dal 23 al 26 Febbraio - Pulcinella Suggeritore Melodrammatico - h 21,00
Mario Ercole
Note di regia
Devo dire molto sommessamente che, per un napoletano come me,
rappresentare Pulcinella è fonte di orgoglio e, al tempo stesso, di timore.

L’orgoglio nasce dal motivo che, questa figura affonda le sue radici nella cultura partenopea – qualcuno la fa risalire addirittura alle “Fabule Atellane” quale discendente di “ Maccus” (M. Bieber) –inventata e sviluppata a Napoli dall’attore Silvio Fiorillo nella seconda metà del cinquecento. Quindi,
il tratto storico, antropologico, letterario e culturale che Napoli ha rappresentato nei secoli a venire, soprattutto nell’arte teatrale e non solo, fanno di questo personaggio un emblema che racchiude dentro e fuori di sé uno spaccato del grande patrimonio artistico di questa città.
Il timore è dettato da un sentimento di gratitudine verso illustri artisti che hanno vestito i panni di Pulcinella nel corso dei secoli e mi riferisco a:
Andrea Calcese (1618); Michelangelo Fracanzani (1685); Vincenzo Cammarano (1712); Filippo Cammarano (1737); Pasquale Altavilla (1806) che lavorò accanto ad un altro grande Pulcinella, Salvatore Petito padre del più noto ed il più grande di tutti i tempi, Antonio Petito (1822-1876).
Da ricordare inoltre: Salvatore De Muto, Eduardo De Filippo, Nino Taranto, Gianni Crosio e per finire Massimo Ranieri e Massimo Troisi. (timore giustificato, credo!)
Petito nutriva un grande interesse per la Commedia dell’Arte cinquecentesca,
ne era profondamente innamorato, riuscì a modificarne gli aspetti e le caratteristiche, sviluppando un linguaggio nuovo che arrecò alla maschera un maggiore spessore psicologico… facendo
del “ Carpe diem” e “ dell’arte di arrangiarsi” una vera filosofia di vita.
Attento osservatore degli usi e costumi della società, fu il primo attore comico a capire l’importanza del testo scritto: il copione.
più esilaranti del suo repertorio che, nasce come parodia in un atto e senza la maschera di Pulcinella,
e mi perdonerà “ Totonno” (appellativo dato al nostro) se nel rendergli omaggio ho osato e abusato
della sua straordinaria eredità, rivisitando il suo lavoro per consegnarlo al pubblico di oggi
con l’auspicio che possa divertirsi ancora ed essergli sempre riconoscente… io non sono un poeta né un fine dicitore,
ma di questo rispettabile pubblico, un umile servitore.
Mario Ercole
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